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La cannabis light non è illegale: i tribunali smontano il decreto sicurezza

Rassegna Stampa: 17 Ottobre 2025 – Mario Catania – L’INDIPENDENTE – Fonte: https://www.lindipendente.online/2025/10/17/la-cannabis-light-non-e-illegale-i-tribunali-smontano-il-decreto-sicurezza/

Enrico stava montando il capannone per la festa del suo 35esimo compleanno in provincia di Belluno, e come regalo si è visto arrivare 12 agenti della polizia antidroga che l’hanno arrestato, trattandolo come un narcotrafficante. L’accusa? Quella di detenzione con fini di spaccio di stupefacenti, ma la realtà è ben diversa. Con la sua azienda, La Mota, da 8 anni Enrico coltiva canapa industriale con THC sotto i limiti di legge, italiani ed europei, con un’azienda registrata, pagando tasse e facendo fatture quando vende la propria merce. Gli agenti non hanno voluto nemmeno effettuare il campionamento per verificare tramite analisi scientifiche i livelli di THC delle piante, hanno sequestrato il campo e volevano procedere con l’incenerimento. Il tutto è stato bloccato dal tempestivo intervento del suo avvocato, Lorenzo Simonetti, di Tutela Legale stupefacenti, che ha portato la procura a scarceralo immediatamente, scrivendo nero su bianco che: «Trattandosi esclusivamente di infiorescenze di cannabis, fino a quando non saranno disponibili le analisi di laboratorio sulle sostanze sottoposte a sequestro, non è possibile neanche stabilire la gravità in concreto della condotta, non potendosi considerare determinante il mero dato ponderale».

Da agricoltori a criminali

Lo stesso giorno, il 10 ottobre, questa volta a Palermo, un altro agricoltore, che coltiva canapa industriale dal 2019, è stato arrestato ed è rimasto in carcere per due giorni. Qui il giudice ha convalidato l’arresto, ma non ha accolto la richiesta di misure cautelari come carcere o domiciliari. Nell’ordinanza di scarcerazione si può leggere che: «Allo stato, unitamente alla circostanza che non basta che si tratti di cannabis (più tecnicamente, non è sufficiente la conformità del prodotto al tipo botanico vietato dal T.U. Stupefacenti), bensì occorre sempre valutare l’effettiva capacità drogante del prodotto ceduto o detenuto (cfr. Cass. Pen., SSUU 12348/2019), impedisce di configurare, i gravi indizi del reato contestato».

Pochi giorni prima era toccato a un altro imprenditore agricolo, questa volta in Puglia. Dopo 3 giorni di carcere il Gip, giudice per le indagini preliminari, ha rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere del PM, ordinando invece l’immediata scarcerazione, senza nessuna misura cautelare. Nelle motivazioni, il giudice sottolinea che: «Allo stato non è affatto scontato che il materiale abbia efficacia drogante o psicotropa» e che, senza analisi scientifiche valide e tracciate, non sussistono gravi indizi di colpevolezza.

Un cortocircuito legislativo e giudiziario

Cosa sta accadendo? Dopo il decreto sicurezza, che vorrebbe considerare il fiore di canapa come uno stupefacente indipendentemente dai livelli di THC – un’impostazione cha fa a pugni con la scienza, con decine e decine di sentenze, e con lo stato di diritto, come è stato sottolineato da una relazione della Corte di Cassazione a inizio anno – procure un po’ troppo zelanti hanno fatto il passo che nessuno si aspettava: non più sequestri e processi, gli agricoltori di canapa vanno direttamente in carcere, senza nemmeno effettuare le analisi. Un’aberrazione del diritto, che porta in galera lavoratori onesti poi dipinti dalla stampa locale come dei novelli Pablo Escobar. Che però vengono puntualmente rimessi in libertà avvalorando il principio che le associazioni di settore portano avanti da anni: se non c’è efficacia drogante e per la prassi giurisprudenziale italiana deve essere sopra lo 0,5% di THC, non c’è reato.

Ecco perché gli avvocati insistono su un punto: prima di incidere sulla libertà personale o sull’operatività delle imprese, occorrono campionamenti in contraddittorio, catena di custodia, laboratori accreditati e misure conformi ai protocolli europei (campionamento rappresentativo, doppio campione per controanalisi, essiccazione entro 48 ore, determinazione cromatografica su campione a peso costante). E i giudici stanno dando ragione a loro, non al governo che ha voluto questa legge.

Torino, sequestro archiviato: “il fatto non sussiste”

Il problema è che, nonostante le continue e nette vittorie giudiziarie, le procure non si fermano. L’ultimo sequestro è avvenuto nei giorni scorsi a Forlì, dove sono stati confiscati oltre 250 chili di infiorescenze di cannabis light, per un valore commerciale di circa due milioni di euro.

Nei giorni precedenti la vittima designata era stata la città di Torino, dove però è già arrivata la prima archiviazione, in un processo iniziato a settembre. Il gip ha accolto la richiesta della procura perché “il fatto non sussiste”. E nello spiegare le motivazioni scrive: «Ciò che è emerso è la presenza di THC ma senza indicare una percentuale, per cui, essendo lecita la vendita di cannabis sativa purché con un contenuto di THC inferiore allo 0.6 %, potrebbe operare una causa di esclusione dell’antigiuridicità». Tradotto: la cannabis light, come sostengono associazioni, imprenditori, commercianti, e anche giudici, è legale se il THC è sotto i limiti di legge; è chiaro e logico per tutti, meno che per chi ci governa.

Europa e Italia

Intanto, in Europa, il Parlamento europeo ha approvato l’emendamento proposto dall’eurodeputata Cristina Guarda di AVS che considera la canapa come un prodotto agricolo, legale in ogni sua parte, fiore compreso, con THC fino allo 0,5%. Il prossimo passo sarà la discussione al Consiglio europeo con i vari Stati membri. «L’Europa manda un segnale chiaro: la canapa non è un tabù, ma una risorsa strategica per la transizione ecologica e per la competitività delle nostre campagne», ha sottolineato, chiedendo al governo di «abbandonare l’oscurantismo del decreto sicurezza e riconoscere finalmente dignità e prospettive a un settore che chiede solo regole certe per crescere». Da noi, invece, è arrivato l’ennesimo appello di Confagricoltura che, come le altri grandi associazioni agricole, in questa battaglia si è da subito schierata in favore della pianta a sette punte. L’associazione chiede al ministero dell’Interno «l’adozione urgente di un Atto di Interpretazione Autentica, che confermi in modo inequivocabile la piena liceità delle attività legate alla canapa industriale». Lo scopo? «Garantire agli operatori del settore la sicurezza giuridica necessaria per continuare a lavorare, evitando blocchi produttivi o sanzioni ingiustificate».

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Mario Catania

Giornalista professionista freelance, specializzato in cannabis, ambiente e sostenibilità, alterna la scrittura a lunghe camminate nella natura.

La cannabis light vince ancora: tre tribunali smontano il decreto sicurezza

Rassegna Stampa: 15 ottobre 2025 di Giulio Cavalli – DOMANI – Fonte: https://www.editorialedomani.it/politica/italia/cannabis-light-sentenze-decreto-sicurezza-controlli-scientifici-fc6lamku

Tre tribunali hanno dato torto al governo Meloni nel giro di 48 ore

Da Palermo a Torino, i giudici bocciano l’approccio repressivo del governo: servono prove scientifiche, non arresti a vista. In assenza di prove sull’efficacia drogante, la canapa resta legale

Nel giro di quarantotto ore tre tribunali italiani – Palermo, Belluno e Torino – hanno dato torto al governo Meloni sulla canapa industriale. Le pronunce, tutte depositate tra il 12 e il 14 ottobre, smentiscono l’impianto del decreto sicurezza che aveva equiparato la cannabis light agli stupefacenti, imponendo una stretta che da mesi paralizza il settore agricolo e commerciale. I giudici hanno ribadito un principio elementare: senza analisi di laboratorio che certifichino la presenza di Thc oltre i limiti di legge, non esiste alcun reato.

A Belluno, la procura ha disposto la scarcerazione immediata di un coltivatore arrestato il 10 ottobre, precisando che «non risultano indici univoci di spaccio» e che il solo peso del materiale non può fondare accuse di traffico. Il decreto di liberazione, emesso ex art. 121 disp. att. c.p.p., chiarisce che fino all’esito di accertamenti tecnico-analitici «non è possibile stabilire la gravità in concreto della condotta». Analoga la posizione del tribunale di Palermo, che ha annullato il sequestro di infiorescenze in un’azienda agricola: il giudice ha escluso l’esistenza di prove sull’efficacia drogante e ha ricordato che la conformità botanica non basta per configurare un illecito. A Torino, infine, il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto l’archiviazione di un procedimento per vendita di canapa light perché «il fatto non sussiste»: i test avevano rilevato la presenza di Thc, ma senza indicarne la percentuale.

Conta la verifica

In tutti e tre i casi, i magistrati si sono richiamati alla relazione n. 33/2025 dell’Ufficio del Massimario della Cassazione, secondo cui l’articolo 18 della legge 80/2025 non introduce un divieto assoluto, ma ha valore puramente ricognitivo rispetto al quadro preesistente. La legge insomma deve essere interpretata in modo conforme alla Costituzione e al diritto dell’Unione europea, imponendo la verifica “tecnico-scientifica dell’offensività in concreto”.

Il dato scientifico diventa dunque il discrimine tra lecito e illecito. I narcotest di campo, usati di routine dalle forze dell’ordine, sono stati ritenuti strumenti non idonei perché rilevano genericamente la presenza di cannabinoidi, dando quasi sempre esito positivo anche per prodotti legali. Senza una quantificazione del Thc attivo – misurato dopo la decarbossilazione e in contraddittorio con il produttore – non è possibile privare un cittadino della libertà personale né bloccare un’attività economica.

I giudici indicano una strada uniforme: campionamento rappresentativo, doppio campione per controanalisi, catena di custodia, analisi presso laboratori accreditati e misura del Thc “attivo” su campione a peso costante. È la sequenza minima per evitare sequestri «a vista» e procedimenti destinati a cadere all’esito delle verifiche, con costi a carico dei contribuenti e danni alle aziende agricole.

Il presidente di Canapa Sativa Italia, Mattia Cusani, parla di una svolta attesa: «Le corti stanno riconoscendo che la legge 80 è solo ricognitiva della normativa già esistente e delle Sezioni Unite del 2019. Quello che era legale resta legale, quello che era illegale resta illegale». Cusani segnala dissequestri imminenti, cause civili di accertamento in più distretti e il contenzioso ancora aperto sulle “officinali”, cioè sulla non inclusione della canapa tra le piante medicinali autorizzate alla coltivazione e trasformazione. Una questione che il Consiglio di Stato dovrà chiarire nelle prossime settimane, dopo che la categoria ha vinto in primo grado.

Italia esportatrice

Il settore, come ricorda la giurisprudenza più recente e gli atti di causa, non è un’anomalia: parliamo di una filiera agricola e para-industriale che negli ultimi anni ha mobilitato investimenti, occupazione e indotto, con l’Italia tra i principali esportatori europei. La chiusura del canale infiorescenze drenerebbe centinaia di milioni e migliaia di posti di lavoro, senza alcun beneficio misurabile in termini di sicurezza pubblica: i precedenti di Trento e di altre corti mostrano che sotto lo 0,3 per cento di Thc «non sussistono rischi tali da giustificare un divieto assoluto». Anche per questo la stessa Cassazione ha richiamato il principio di proporzionalità e l’offensività in concreto come bussola per le Procure.

Le decisioni di Palermo, Belluno e Torino arrivano a un anno dal decreto voluto dai ministri Piantedosi e Lollobrigida, che aveva equiparato le infiorescenze di canapa agli stupefacenti. Già a settembre, il tribunale di Trento ha affermato che un contenuto di Thc inferiore allo 0,6 per cento «non comporta rischi tali da giustificare un divieto assoluto di commercializzazione». Ora le nuove ordinanze consolidano una giurisprudenza che sposta il baricentro dall’ideologia alla verifica scientifica, mentre a Bruxelles avanza l’armonizzazione: l’uso dell’intera pianta in ambito agricolo e una soglia Ue più coerente con il mercato interno sono all’ordine del giorno.

Per Cusani, «le istituzioni italiane stanno solo prendendo tempo». Intanto, però, i tribunali chiedono metodi, non slogan: niente automatismi punitivi, sì a controlli seri e comparabili in tutta Italia. In assenza di prove sull’efficacia drogante, la canapa resta legale. E il decreto sicurezza, ancora una volta, vacilla sotto il peso dei fatti e delle sentenze.