Droga alla guida, cosa cambia con la circolare del ministero che sconfessa Salvini

Rassegna Stampa: Riccardo Piccolo del 07.05.2025 – WIRED – Fonte: https://www.wired.it/article/droga-guida-patente-legge-circolare/#:~:text=La%20riforma%20del%20codice%20della,bastava%20la%20positivit%C3%A0%20al%20test.

Il testo è stato inviato a prefetti e Regioni. Ma il braccio di ferro sulla norma del codice della strada si è già spostato nelle aule di tribunale

La circolare prova a correggere l’applicazione della norma, precisando che per accusare un conducente è necessario accertare che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida

Droga alla guida, ci sono novità riguardo alle norme e, soprattutto, alla loro applicazione. I ministeri dell’Interno e della Salute hanno inviato una circolare alle prefetture e alle forze dell’ordine che cerca di precisare le norme del nuovo codice della strada approvato lo scorso novembre. La controversa riforma aveva eliminato il requisito dello “stato di alterazione psico-fisica” per sanzionare chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, prevedendo sanzioni alla semplice positività del test. Ora la circolare tenta di correggere questa impostazione, contraddicendo la linea del ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Ma il documento ministeriale, per quanto autorevole, potrebbe non essere sufficiente a risolvere la questione, in quanto non ha il potere di modificare una legge formalmente in vigore.

Droga alla guida, dalla riforma contestata alla circolare correttiva

La riforma del codice della strada approvata nel novembre 2024 aveva introdotto un cambiamento radicale nell’articolo 187: per punire chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti non era più necessario dimostrare lo “stato di alterazione psico-fisica”, bastava la positività al test. Questo principio aveva sollevato numerose critiche da parte di associazioni, movimenti antiproibizionisti ed esperti di diritto. Il problema fondamentale era che la norma rischiava di sanzionare pesantemente anche chi aveva fatto uso di sostanze giorni o settimane prima, quando queste non producevano più alcun effetto sulla capacità di guida.

Le sanzioni previste dalla riforma erano particolarmente severe: un’ammenda da 1.500 a 6.000 euro, l’arresto da sei mesi a un anno e la sospensione della patente da uno a due anni. Un altro effetto collaterale della legge riguardava chi assume medicinali regolarmente prescritti, che rischia di essere sanzionato, poiché molti farmaci contengono sostanze psicotrope elencate nel Dpr 309/1990, ovvero la legge italiana sugli stupefacenti. Un problema concreto per migliaia di persone che utilizzano farmaci come ansiolitici, antidepressivi o antidolorifici.

La situazione ha raggiunto un punto critico quando, all’inizio di aprile, il tribunale di Pordenone ha sollevato formalmente dubbi di costituzionalità sulla norma, chiedendo l’intervento della Corte costituzionale. Come riporta Il Sole 24 Ore, i giudici pordenonesi hanno ritenuto “manifestamente irragionevole e iniquo” punire la mera positività al test senza alcuna indagine sugli effetti sulla capacità di guida, violando così il principio di offensività, secondo cui un comportamento può essere punito solo se danneggia o mette in pericolo un bene giuridico protetto (in questo caso, la sicurezza stradale). È proprio in risposta a questi dubbi che l’11 aprile è stata emessa la circolare dei ministeri dell’Interno e della Salute.

I limiti della circolare e la questione costituzionale

La circolare prova a correggere l’applicazione della norma, precisando che per incriminare un conducente è necessario accertare che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida” e che l’assunzione sia avvenuta in un periodo “prossimo” alla guida del veicolo. La circolare, chiarisce poi, che le analisi dovranno concentrarsi sui metaboliti attivi (cioè le molecole che indicano un effetto ancora in corso delle sostanze), escludendo i metaboliti inattivi che testimoniano solo un’assunzione avvenuta in precedenza. Perciò il documento stabilisce che sangue e saliva devono essere gli unici liquidi biologici idonei per la verifica, mentre i test delle urine dovranno essere esclusi perché non indicativi di un’intossicazione in atto.

Tuttavia, nonostante le intenzioni correttive, la circolare ministeriale presenta due criticità che ne limitano l’efficacia. La prima è di natura giuridica: nel sistema italiano, le circolari non hanno valore normativo, ma costituiscono solo indicazioni interne rivolte alla pubblica amministrazione. Le leggi approvate dal parlamento restano gerarchicamente superiori, il che significa che mentre le forze dell’ordine potrebbero attenersi alle istruzioni della circolare, i giudici potrebbero continuare ad applicare la norma nella sua forma più rigida. La seconda criticità riguarda degli aspetti tecnici: la circolare suggerisce di analizzare sangue e saliva per rilevare i cosiddetti metaboliti attivi, ovvero le tracce che indicano un effetto ancora in corso della sostanza. Tuttavia, come ha evidenziato dal Sole 24 Ore, al momento non esistono soglie scientificamente affidabili per stabilire con certezza quando una persona sia effettivamente sotto l’effetto di una droga e quando, invece, la sostanza sia semplicemente ancora presente nell’organismo senza influenzare le capacità di guida.

In questa situazione di confusione, solo due soluzioni sembrano possibili per i casi di sospetto uso di droga alla guida. La prima è attendere la pronuncia della Corte costituzionale sui dubbi sollevati dal tribunale di Pordenone. Se la Corte dichiarasse incostituzionale l’articolo 187 nella parte in cui punisce la mera positività al test, la norma tornerebbe automaticamente a richiedere la prova dello stato di alterazione. La seconda soluzione è un nuovo intervento del parlamento che modifichi formalmente la legge, ripristinando il requisito dell’alterazione psico-fisica. Nel frattempo, comunque, la circolare escluderà probabilmente molti casi controversi, anche se l’applicazione della legge dipenderà ancora dall’interpretazione dei singoli giudici, con il rischio di decisioni ingiuste.