Il decreto sicurezza spazza via i produttori di canapa del Piemonte: “Ci chiudono per ideologia”

Rassegna Stampa: 06 Giugno 2025 – Giulia Ricci – La STAMPA – Fonte: https://www.lastampa.it/torino/2025/06/06/news/decreto_sicurezza_stop_canapa_piemonte-15179513/

Accesa audizione in Regione, l’attacco di Avs e M5S: «Così si chiude un indotto da 25 milioni di euro e 1200 lavoratori»

Un indotto da 25 milioni di euro, 1200 dipendenti il cui 70% è sotto i 40 anni e un’eccellenza a livello europeo. Il mercato della canapa in Piemonte, dagli agricoltori ai negozianti, lancia un grido d’allarme: «Il decreto sicurezza ci ucciderà, mentre noi produciamo e commercializziamo un prodotto che non ha alcun effetto psicotropo. Chiediamo un tavolo di lavoro permanente».

Il provvedimento appena approvato dal governo Meloni, infatti, all’articolo 18 vieta la lavorazione, la distribuzione e la vendita delle infiorescenze della canapa coltivata e dei suoi derivati. Ma molti, essendo un’attività nuova, non hanno nemmeno un codice Ateco a cui ricorrere per chiedere eventuali ristori in caso di chiusura. Questo il centro della commissione regionale di ieri, a Palazzo Lascaris, dove sono stati auditi i rappresentanti del settore.


Settore agricolo e impatto economico: un miliardo di euro a rischio

«Questo provvedimento getta nell’incertezza un intero comparto agricolo – osserva il presidente di Cia Piemonte, Gabriele Carenini – come se la canapa fosse sinonimo di droga. Il comparto della canapa già oggi conta a livello nazionale oltre 23 mila occupati e ha un impatto economico diretto pari a quasi un miliardo di euro l’anno, con un altro miliardo aggiuntivo a livello indiretto.

Un settore ad alto valore aggiunto e, soprattutto, dall’enorme potenziale produttivo tra cosmesi, erboristeria, florovivaismo, bioedilizia, tutti impieghi tra l’altro ampiamente riconosciuti dalla legislazione europea. Non vogliamo la cassa integrazione di Stato, ma poter lavorare e produrre. Il governo ci ripensi».


Coltivazioni piemontesi e normative poco chiare

Nel solo Piemonte, le coltivazioni di canapa in pieno campo occupano una superficie di oltre settanta ettari, un dato probabilmente sottostimato, in quanto non comprensivo delle coltivazioni in serra e indoor.

«Le aziende – rileva il presidente provinciale di Cia Agricoltori delle Alpi, Luigi Andreis – ora si trovano nell’angoscia di dover scegliere se cessare l’attività, licenziare e mandare all’aria gli investimenti, oppure sfidare la legge, che non è chiara, perché non distingue tra ciò che si può e non si può fare. L’infiorescenza rappresenta la quasi totalità del business legato alla canapa. L’indeterminatezza della normativa italiana, fa sì che anche la filiera della bioedilizia si debba rivolgere all’estero per importare la canapa da fibra».


Le opposizioni attaccano: «Nessun effetto psicotropo, solo propaganda»

Con loro anche le opposizioni in Consiglio regionale: «Come ci hanno spiegato più volte – sottolinea Valentina Cera di Avs – nell’inflorescenza della canapa non c’è alcuna sostanza psicotropa, è come parlare di camomilla. Inoltre, non si può separare la pianta dal fiore, che serve per tantissimi settori, dall’alimentare ai tessuti alla cosmetica: è questo che rappresenta il 90% del fatturato.

Il governo Meloni vuole mandare un intero settore agricolo e giovane all’aria per pura ideologia, anzi, propaganda. Chiederemo che, come l’Emilia-Romagna, il Piemonte chieda l’impugnazione dell’articolo 18».


M5S: «Una svolta autoritaria, il Piemonte colpito»

«Altro che Decreto sicurezza, meglio chiamarlo Decreto vergogna – attaccano Sarah Disabato e Alberto Unia del M5S –. Una vera e propria svolta autoritaria da parte del governo, che ha deciso scientemente di colpire una delle filiere agricole più innovative e sostenibili degli ultimi anni.

Il Piemonte da solo rappresenta il 10% dell’intero settore, nel quale sono numerose le aziende agricole e commerciali attive nella filiera della canapa. Abbiamo posto – come previsto dal regolamento – una domanda articolata che ha raccolto in sé tutte le contraddizioni della norma: dal divieto totale sulle infiorescenze, alla sproporzione delle sanzioni penali, fino al rischio di incostituzionalità e violazione delle direttive europee.

Non meno importanti sono le ricadute ambientali del provvedimento: colpire la canapa significa colpire una coltura a bassissimo impatto idrico, rigenerante per i suoli, e ad alto assorbimento di anidride carbonica. Il governo ha trasformato una questione agricola e industriale in un terreno di propaganda ideologica. Ma non resteremo a guardare. La Regione stanzi subito le risorse necessarie per i ristori, affinché si possa dare un aiuto immediato a chi è stato duramente colpito da questo decreto assurdo».

Dl sicurezza, il dossier: la stretta della destra in 14 nuovi reati

Rassegna Stampa: 05 Giugno 2025 di Alessandra Ziniti – La Repubblica – Fonte: https://www.repubblica.it/politica/2025/06/05/news/dl_sicurezza_manifestazioni_forze_ordine_donne_carcere_cannabis_light-424648736/?ref=RHLM-BG-P4-S1-T1-fattidelgiorno22

Foto: A Bologna attivisti di Ultima generazione bloccano la tangenziale

Ecco cosa prevede il decreto approvato ieri in via definitiva

Le norme introducono pene o le aggravano. Non si potrà protestare interrompendo i lavori di opere pubbliche o il funzionamento delle infrastrutture strategiche. Mano libera agli 007 e protezione agli agenti che commettono reati nelle loro funzioni.

Le manifestazioni – Per un picchetto si rischia l’arresto

Blocco stradale e resistenza passiva. Basterà un sit-in che interrompe la circolazione o una protesta che ferma i lavori di un’opera pubblica per rischiare il carcere. È uno tra i più contestati nuovi 14 reati introdotti dal dl sicurezza che prevede la reclusione fino a un mese per chi occupa da solo una strada o una ferrovia. E da sei mesi a due anni se commesso da più persone.

Pene fino a otto anni per chi organizza rivolte nelle carceri e anche nei Cpr per i migranti con la punibilità persino di chi si rifiuta di eseguire un ordine.

Istituito anche il reato di occupazione arbitratia di immobile con procedura d’urgenza per lo sgombero.

Le forze dell’ordine – Scudo per chi compie atti illegali

Il dl incide in modo sostanziale anche sull’operato delle forze dell’ordine. Mani libere per gli 007 e le tanto attese tutele legali per gli esponenti delle forze dell’ordine indagati per ipotesi di reato commessi durante il servizio che adesso vedranno coperte le spese legali fino a 10.000 euro. Gli agenti potranno anche portare armi senza licenza fuori servizio.

Molto contestata la norma che prevede la non punibilità per agenti dei servizi segreti per una eventuale loro «partecipazione, direzione o organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico».

Le donne – In galera anche incinte o con figli

Le detenute incinte o con figli di età fino a tre anni d’ora in poi potranno finire in carcere, anche se comunque negli Icam, gli istituti a custodia attenuata. Finora la legge prevedeva per loro l’obbligo di rinvio di esecuzione della pena o il loro invio ai domiciliari, adesso il decreto sicurezza azzera questo obbligo e riserva ai giudici la valutazione dei singoli casi. Norma che ovviamente comporta che, nel caso in cui il giudice dovesse decidere per la detenzione, ad esempio per donne che hanno precedenti specifici o sono recidive, anche i bambini sotto i tre anni finirebbero in stato di reclusione negli Icam.

Gli stupefacenti – Stop alla vendita di cannabis light

La cannabis light seppure a basso contenuto di principio attivo viene equiparata a una droga. La nuova norma ferma la coltivazione e la vendita delle infiorescenze, con contenuto di Thc, per usi diversi da quelli industriali consentiti. Dunque il commercio o la cessione di infiorescenze viene punito con le norme del testo unico sulle sostanze stupefacenti. Chi vende prodotti a base di cannabis light d’ora in poi rischia una condanna fino a sei anni di carcere.

La norma mette fuori gioco un comparto che, tra negozi di prodotti a base di infiorescenze, e coltivatori, ora obbligati a ritirare i loro prodotti, dà lavoro in Italia a più di 11.000 persone.

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Lo Stato e chi ha fatto il Decreto deve Vergognarsi per norme che mettono al bando non 11000 persone ma 20000 attività che producono o hanno pagato la Merce con l’impiego di almeno 30000 addetti. Tutti soldi che entrano nelle tasche dello stato con le tasse delle aziende che avevano l’autorizzazione da parte dallo Stato con la Legge 242/2016 per trattare e vendere la Cannabis Light con THC inferiore allo 0,5. Con il decreto sicurezza in un solo giorno si passa da COMMERCIANTI/ PRODUTTORI AGRICOLI a SPACCIATORI. Ora qualcuno dovrebbe spiegare agli imprenditori come si faccia a dare tempo zero e nessuna norma per smaltire il prodotto che ora non può più essere venduto. Prodotto che non può essere spostato trasportato e tantomeno esposto nei negozi. Nessuno spiega come un prodotto che sta in un negozio con tanto di fattura possa sparire dagli scaffali e probabilmente in caso di controllo si troverà nel retro come sostanza stupefacente. Quindi i rischi sono solo per chi onestamente esercita un lavoro del tutto legale ma si deve confrontare con parlamentari e ministri incapaci che prima fanno le norme e poi verificano se fanno danni. Questa è una vera e propria truffa nei confronti di chi paga le tasse e rispetta le leggi. Se investo in un’attività legale come è possibile che dopo che pago merce, l’IVA e le tasse “lo Stato” non mi rimborsa per aver lui cambiato idea sulla commercializzazione di un prodotto? Al minimo devi ricomprare tutta la merce e rimborsare le tasse e gli investimenti fatti negli anni di lavoro per quel tipo di attività. Tutto ha un prezzo, paga tu Stato che ti rimangi la parola data agli imprenditori, in modo che nessuno ci rimetta e soprattutto ora trova 30000 posti di lavoro a tutti quelli che oggi si ritrovano a piedi grazie a norme che contrastano con le norme Europee. Infatti permetti alle aziende europee che facciano concorrenza sleale nei confronti delle attività italiane che non possono vendere. Ma dall’Europa la Cannabis Light arriva tranquillamente e i nostri cari burocrati non possono farci nulla. Ora mi chiedo, è vero che molti politici volevano chiudere i negozi di Cannabis … ma non è che hanno deciso che vengano trasformati in Postriboli per le Escort? Quelle per cui hanno previsto il codice ATECO, ma forse la prostituzione è ancora illegale in Italia? Tranquilli i nostri ministri ci avranno già pensato, magari si faranno fare uno sconto ministero, magari con un bell’abbonamento!!!  Ma mi raccomando ….PRIMA GLI ITALIANI ….

                                                                                                   Commenti By Red Barol

Cannabis light, assolta EasyJoint. Colpo al ddl sicurezza

Rassegna Stampa: del 30 Maggio 2025 di Nadia Ferrigo – Fonte: La Stampa – https://www.lastampa.it/cronaca/2025/05/30/news/easyjoint_assolta_cannabis_light-15170596/

Cannabis light, Hemp Embassy Store, Milano (afp)

Marola: «Sei anni di calvario». L’avvocato Bulleri: «Per il diritto penale la canapa non è droga a prescindere, sconfessata la linea del governo»

La cannabis light non è droga, nessun effetto stupefacente e quindi nessuna condanna per spaccio. Si è concluso ieri a Parma con piena assoluzione il processo a Luca Marola, pioniere della cannabis light e patron di EasyJoint. «Tre anni per un’inchiesta grottesca che il procuratore di Parma Alfonso D’Avino, unico in Italia ha voluto concepire e altri tre anni di processo, a tratti surreale, non potevano portare che a questo risultato – ha dichiarato l’attivista Marola -. L’assoluzione così cristallina non può nascondere comunque il gigantesco torto subito dalla mia azienda: oltre 2 milioni di euro di magazzino distrutti, l’azienda pioniera della cannabis light e prima in Italia per fatturato cancellata, cinque anni di mancato guadagno. Sei anni di calvario giudiziario senza alcuna ragione, spese legali per difendermi da accuse che non avevano alcuna ragione d’esistere». Il procuratore capo di Parma Alfonso d’Avino aveva chiesto «una pena di 4 anni e 10 mesi e 55mila euro di multa per cessione e vendita di stupefacenti», volgarmente definito come spaccio.

Se la cannabis light sia droga oppure o no è la domanda cruciale a cui ha risposto il processo iniziato con il maxi-sequestro del luglio 2019, quando tra Canapaio Ducale e magazzini di EasyJoint la Finanza sequestrò oltre 600 chili di canapa per un valore di oltre 2 milioni di euro. La tesi dell’accusa è quanto riproposto nel ddl sicurezza del governo: se nel momento di vendita la destinazione d’uso del prodotto non rispetta una delle sei previste dalla legge, ma è una vendita al dettaglio, allora l’infiorescenza sulla canapa è droga. A seconda dell’uso per il ddl sicurezza lo stesso identico prodotto viene considerato droga oppure no. Anche se sta sotto la soglia capace di dare l’effetto drogante.

«La formula di assoluzione è piena, la migliore delle assoluzioni possibile. Attenderemo le motivazioni, ma si può dire perché evidentemente non è stato provato che la sostanza avesse effetto stupefacente» commenta Giacomo Bulleri, nel team di avvocati che ha seguito Marola nel processo. E ora che accadrà con il ddl sicurezza? «Questa sentenza è un precedente importante – continua Bulleri -. Marola non ha mia nascosto la sua condotta, ma ha sempre rivendicato la propria attività. La procura di Parma riteneva che i fiori fossero uno stupefacente a prescindere da una qualità certificata di canapa e dal suo livello effettivo di Thc. Che è la stessa impostazione del ddl. Ma a Parma si è deciso che i fiori non sono droga per il diritto penale. Vuol dire che pure se si faranno dei processi ai negozianti che vendono la cannabis light sulla base delle norme del ddl, se non c’è l’efficacia drogante i tribunali continueranno ad assolvere».

Assolto inventore cannabis light: “Non era spaccio, ma ora un decreto vieta le infiorescenze”

Rassegna Stampa: 30 Maggio 2025 di Viola Giannoli – Fonte Repubblica – https://www.repubblica.it/cronaca/2025/05/30/news/assolto_inventore_cannabis_light_luca_marola_spaccio-424638116/?ref=RHLM-BG-P18-S1-T1-fattidelgiorno3

Dopo sei anni cade l’accusa per Luca Marola, parmigiano: “Una inchiesta grottesca non poteva portare ad altro che questo”

L’uomo che in Italia ha inventato la cannabis light è innocente. Luca Marola, 48 anni, parmigiano, il primo a dare un nome commerciale alle infiorescenze essiccate di piante con quantità estremamente basse di Thc (il tetraidrocannabinolo, responsabile dell’effetto psicoattivo) e ricche di Cbd (il cannabidiolo, dall’effetto rilassante simile alla camomilla), è stato assolto. “Una inchiesta grottesca non poteva portare ad altro che questo”, commenta lui appena uscito del tribunale di Parma.

Ci sono voluti sei anni, tre di inchiesta e tre di processo, per dire che “il fatto non sussiste”. Quale fatto? Marola era alla sbarra dal 3 novembre del 2022 perché accusato di spaccio, rischiava 6 anni di carcere. Nel 2017 aveva iniziato a produrre cannabis light, aveva presentato questi barattolini di infiorescenze coltivati da altri ma confezionati e venduti da lui con il marchio Easy Joint a una fiera di settore e aveva vinto il premio come prodotto innovativo. Si poteva fare?

I fiori di canapa non erano illegali di per sé perché avevano un The inferiore allo 0,2%, ampiamente i limiti di legge. Ma al tempo stesso la legge 242 del 2016 sulla canapa, nata per incentivarne la filiera, ha una lacuna: non vengono citate le infiorescenze, il prodotto più importante. Anche per questo, come provocazione giuridica, Marola aveva iniziato a vendere il fiore di canapa industriale, la cui coltivazione era lecita. In pratica vendeva un prodotto non vietato, ma ignorato dalla legge, che non era esplicitamente illegale e al tempo stesso non era chiaramente lecito.

Marola si chiedeva: se la cannabis light non ha effetto drogante come può ricadere nel Testo unico sulle droghe e dunque essere vietata? La procura di Parma la pensava invece diversamente sostenendo che la destinazione d’uso di quella coltivazione non fosse legale. Ma ha vinto Marola.

Le motivazioni si conosceranno entro tre mesi ma intanto Easyjoint racconta: “Già alla nostra fondazione, nel 2017, avevamo dichiarato che il nostro obiettivo e la nostra ragion d’essere erano e sono il pieno riconoscimento della liceità della vendita del fiore di canapa. Ci abbiamo provato senza successo con la politica e con le istituzioni, ci siamo riusciti nel primo processo penale”.

Il paradosso è che se fino a pochi mesi fa questa vittoria poteva essere decisiva per l’intero comparto (10 mila posti di lavoro, mille negozi e 150 milioni di euro potenziali) con il nuovo decreto del governo Meloni che rende illegale la produzione e la vendita del fiore, spiega Marola, “è solo una tappa, decisiva ma non risolutiva, del percorso che deve pertanto proseguire”.

Intanto si fa festa. Anche se Marola ha parole durissime per il procuratore di Parma Alfonso D’Avino, parlando di “barbarico abuso di potere” e di “scorribande giudiziarie”. “L’assoluzione così cristallina – afferma – non può nascondere comunque il gigantesco torto subito: oltre 2 milioni di euro di magazzino distrutti senza alcuna ragione, l’azienda pioniera della cannabis light e prima in Italia per fatturato cancellata senza alcuna ragione, cinque anni di mancato guadagno senza alcuna ragione, sei anni di calvario giudiziario senza alcuna ragione, spese legali per difendermi da accuse che non avevano alcuna ragione d’esistere”.

Droga alla guida, cosa cambia con la circolare del ministero che sconfessa Salvini

Rassegna Stampa: Riccardo Piccolo del 07.05.2025 – WIRED – Fonte: https://www.wired.it/article/droga-guida-patente-legge-circolare/#:~:text=La%20riforma%20del%20codice%20della,bastava%20la%20positivit%C3%A0%20al%20test.

Il testo è stato inviato a prefetti e Regioni. Ma il braccio di ferro sulla norma del codice della strada si è già spostato nelle aule di tribunale

La circolare prova a correggere l’applicazione della norma, precisando che per accusare un conducente è necessario accertare che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida

Droga alla guida, ci sono novità riguardo alle norme e, soprattutto, alla loro applicazione. I ministeri dell’Interno e della Salute hanno inviato una circolare alle prefetture e alle forze dell’ordine che cerca di precisare le norme del nuovo codice della strada approvato lo scorso novembre. La controversa riforma aveva eliminato il requisito dello “stato di alterazione psico-fisica” per sanzionare chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, prevedendo sanzioni alla semplice positività del test. Ora la circolare tenta di correggere questa impostazione, contraddicendo la linea del ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Ma il documento ministeriale, per quanto autorevole, potrebbe non essere sufficiente a risolvere la questione, in quanto non ha il potere di modificare una legge formalmente in vigore.

Droga alla guida, dalla riforma contestata alla circolare correttiva

La riforma del codice della strada approvata nel novembre 2024 aveva introdotto un cambiamento radicale nell’articolo 187: per punire chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti non era più necessario dimostrare lo “stato di alterazione psico-fisica”, bastava la positività al test. Questo principio aveva sollevato numerose critiche da parte di associazioni, movimenti antiproibizionisti ed esperti di diritto. Il problema fondamentale era che la norma rischiava di sanzionare pesantemente anche chi aveva fatto uso di sostanze giorni o settimane prima, quando queste non producevano più alcun effetto sulla capacità di guida.

Le sanzioni previste dalla riforma erano particolarmente severe: un’ammenda da 1.500 a 6.000 euro, l’arresto da sei mesi a un anno e la sospensione della patente da uno a due anni. Un altro effetto collaterale della legge riguardava chi assume medicinali regolarmente prescritti, che rischia di essere sanzionato, poiché molti farmaci contengono sostanze psicotrope elencate nel Dpr 309/1990, ovvero la legge italiana sugli stupefacenti. Un problema concreto per migliaia di persone che utilizzano farmaci come ansiolitici, antidepressivi o antidolorifici.

La situazione ha raggiunto un punto critico quando, all’inizio di aprile, il tribunale di Pordenone ha sollevato formalmente dubbi di costituzionalità sulla norma, chiedendo l’intervento della Corte costituzionale. Come riporta Il Sole 24 Ore, i giudici pordenonesi hanno ritenuto “manifestamente irragionevole e iniquo” punire la mera positività al test senza alcuna indagine sugli effetti sulla capacità di guida, violando così il principio di offensività, secondo cui un comportamento può essere punito solo se danneggia o mette in pericolo un bene giuridico protetto (in questo caso, la sicurezza stradale). È proprio in risposta a questi dubbi che l’11 aprile è stata emessa la circolare dei ministeri dell’Interno e della Salute.

I limiti della circolare e la questione costituzionale

La circolare prova a correggere l’applicazione della norma, precisando che per incriminare un conducente è necessario accertare che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida” e che l’assunzione sia avvenuta in un periodo “prossimo” alla guida del veicolo. La circolare, chiarisce poi, che le analisi dovranno concentrarsi sui metaboliti attivi (cioè le molecole che indicano un effetto ancora in corso delle sostanze), escludendo i metaboliti inattivi che testimoniano solo un’assunzione avvenuta in precedenza. Perciò il documento stabilisce che sangue e saliva devono essere gli unici liquidi biologici idonei per la verifica, mentre i test delle urine dovranno essere esclusi perché non indicativi di un’intossicazione in atto.

Tuttavia, nonostante le intenzioni correttive, la circolare ministeriale presenta due criticità che ne limitano l’efficacia. La prima è di natura giuridica: nel sistema italiano, le circolari non hanno valore normativo, ma costituiscono solo indicazioni interne rivolte alla pubblica amministrazione. Le leggi approvate dal parlamento restano gerarchicamente superiori, il che significa che mentre le forze dell’ordine potrebbero attenersi alle istruzioni della circolare, i giudici potrebbero continuare ad applicare la norma nella sua forma più rigida. La seconda criticità riguarda degli aspetti tecnici: la circolare suggerisce di analizzare sangue e saliva per rilevare i cosiddetti metaboliti attivi, ovvero le tracce che indicano un effetto ancora in corso della sostanza. Tuttavia, come ha evidenziato dal Sole 24 Ore, al momento non esistono soglie scientificamente affidabili per stabilire con certezza quando una persona sia effettivamente sotto l’effetto di una droga e quando, invece, la sostanza sia semplicemente ancora presente nell’organismo senza influenzare le capacità di guida.

In questa situazione di confusione, solo due soluzioni sembrano possibili per i casi di sospetto uso di droga alla guida. La prima è attendere la pronuncia della Corte costituzionale sui dubbi sollevati dal tribunale di Pordenone. Se la Corte dichiarasse incostituzionale l’articolo 187 nella parte in cui punisce la mera positività al test, la norma tornerebbe automaticamente a richiedere la prova dello stato di alterazione. La seconda soluzione è un nuovo intervento del parlamento che modifichi formalmente la legge, ripristinando il requisito dell’alterazione psico-fisica. Nel frattempo, comunque, la circolare escluderà probabilmente molti casi controversi, anche se l’applicazione della legge dipenderà ancora dall’interpretazione dei singoli giudici, con il rischio di decisioni ingiuste.

Canapa, il bando al fiore va disapplicato dai giudici: il governo non ha notificato all’Ue l’articolo 18 del decreto sicurezza

Rassegna Stampa: di Paolo Dimalio   6 Maggio 2025 – Il Fatto Quotidiano – fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/06/canapa-fiore-decreto-sicurezza-articolo-18-disapplicato-direttiva-ue-2015/7975295/amp/
 

Chigi ha violato l’obbligo di comunicazione a Bruxelles, imposto dalla direttiva n. 1535 del 2015. Tornano a sperare i negozi di cannabis light

I giudici italiani dovrebbero disapplicare il bando al fiore della canapa, con buona pace del governo che vuole radere al suolo i negozi della cannabis light. Il motivo? Palazzo Chigi ha commesso lo stesso errore della legge sul divieto della carne coltivata. Cioè, non ha notificato la norma alla Commissione europea, come previsto dalla direttiva n. 1535 del 2015. Le associazioni della filiera della canapa avevano già pochi dubbi: nessuna traccia, nell’archivio online degli “avvisi” all’Ue, dell’articolo 18 del decreto Sicurezza. Perciò le sigle Canapa sativa Italia e Imprenditori canapa Italia (IcI) avevano sostenuto il ricorso al tribunale civile, presso la corte distrettuale d’appello a Firenze. Ora per le aziende si apre uno spiraglio e chi aveva subito deciso di chiudere bottega, temendo l’accusa per droga, potrebbe tornare sui suoi passi.

Il ricorso civile per salvare la filiera – La notifica per un’azione di accertamento è stata depositata il 18 aprile. Ma ora c’è la certezza: nessuna notifica del governo italiano è giunta all’indirizzo di Bruxelles. Lo confermano fonti vicine alla Commissione europea. E ora cosa accadrà in tribunale? “Chiederemo la disapplicazione dell’articolo 18 per la violazione della direttiva Digital single market strategy”, ha dichiarato al Fatto l’avvocato Giacomo Bulleri, “confidando nell’accoglimento del principio della prevalenza del diritto comunitario sulle norme nazionali incompatibili”.

Secondo il diritto europeo la norma è da disapplicare, senza se e senza ma, quando è violata la cosiddetta procedura Tris per allertare Bruxelles. Lo ha messo nero su bianco la Corte di Giustizia del Lussemburgo in tre pronunce: la causa C-194/94 CIA Security International, la C-443/98 Unilever Italia S.p.A, il recente procedimento C-86/22 Papier Mettler Italia. I tre casi sono distintamente citati dalla Commissione europea, in una mail spedita a Raffaele Desiante, imprenditore della canapa e presidente di Ici. La missiva, spedita l’11 aprile scorso, dice: “il giudice nazionale deve rifiutare di applicare una regola tecnica nazionale adottata in violazione dell’obbligo di notifica (…) Inoltre, nella recente causa C-86/22 Papier Mettler Italia, la Corte ha ribadito il suo punto di vista sull’importanza dell’obbligo di rispettare il termine di prescrizione”.

Cbd stupefacente, ma il decreto Schillaci non è stato notificato: inapplicabile? – Ma non c’è solo il decreto sicurezza. La Commissione europea ha ricevuto reclami anche contro il decreto del ministero della Salute datato 27 giugno 2024. Il provvedimento classifica come principio attivo per uso farmaceutico l’olio di cannabidiolo per uso orale. Risultato: il Cbd diventa uno stupefacente, per acquistarlo a scopo terapeutico serve la prescrizione medica non ripetibile. Ma il governo non ha notificato a Bruxelles neppure il “decreto Schillaci”: dunque è inapplicabile dal giudice, in punta di diritto. Eppure, il Tar del Lazio lo ha giudicato legittimo con la sentenza del 16 aprile.

Canapa, indagine Ue sull’Italia – Dopo l’interrogazione dell’eurodeputata 5 stelle Valentina Palmisano presentata ad agosto 2024 – e la mole dei reclami giunta dalla filiera della canapa – la Commissione europea ha aperto un’indagine sui due provvedimenti, per valutarne la conformità ai Trattati e al diritto derivato. La canapa industriale riceve sovvenzioni pubbliche in tutta Europa. Ovunque è legale nella sua interezza, nessun Paese vieta la lavorazione del fiore. Ecco perché la notifica dei provvedimenti era necessaria.

Ad imporla è la direttiva Digital single market strategy per tutelare il libero scambio, scoraggiando norme che ostacolano il mercato nei confini del Vecchio continente. Infatti nel database scoviamo due proposte di legge, in Spagna e Repubblica Ceca. Madrid valuta un “Progetto di regio decreto che stabilisce le condizioni per la preparazione e la dispensazione di formule magistrali standardizzate per le preparazioni di cannabis”. Praga un “Progetto di regolamento governativo sull’elenco delle sostanze psicomodulatrici”. L’anno scorso, la Francia ha notificato la “modifica dell’elenco delle sostanze classificate come stupefacenti”. Dall’Italia, nessun avviso a Buxelles sulla canapa. Eppure, dall’inizio dell’anno l’Italia ha notificato 14 provvedimenti.

L’alibi della sicurezza, smentito dalla Corte di Giustizia – Il governo può giustificarsi paventando rischi per la sicurezza e la salute pubblica. In tal caso dovrà portare le prove della pericolosità del Cbd. Non sarà facile: già la sentenza “Kanavape” (causa C-663/18), pronunciata dalla Corte di Giustizia Ue, ha chiarito come il cannabidiolo non possa essere considerato stupefacente. Ma il caso migranti e la disputa sui Paesi sicuri insegna: sulla prevalenza del diritto europeo rispetto alle leggi italiane, il governo Meloni ha le sue idee.

I grido di protesta dei lavoratori della canapa

Da Facebook – Post di Ig Or – Fonte: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10096944077006564&id=100000732166363&mibextid=wwXIfr&rdid=Tq6kfsAD448hUfS5#

Questo è solo uno degli appelli che i lavoratori del settore lanciano al Governo e alle forze dell’ordine impegnate a sequestrare e a dichiarare spacciatori chi fino al giorno prima era un cittadino e un contribuente rispettoso delle regole.

In ventiquattro ore ci hanno tolto tutto.

Non solo un lavoro. Una vita intera.

Otto anni di impegno, di investimenti, di fatica vera.

Otto anni passati a costruire qualcosa di pulito, legale, sicuro.

Le coltivazioni erano pronte i bancali di terriccio già pagati, le piante ordinate, tutto pianificato nei minimi dettagli.

Il personale era con noi da anni. Una squadra. Una famiglia.

Tutto pronto. Come ogni stagione.

Ma questa volta non ci hanno lasciato iniziare.

Avevamo dato lavoro a chi non aveva nulla.

A persone arrivate da molto lontano, senza futuro, senza niente.

Li abbiamo accolti, formati, ascoltati.

Gli abbiamo dato una casa, una speranza.

E loro ci hanno dato in cambio impegno, fedeltà, riconoscenza.

Grazie a questo lavoro abbiamo costruito anche un’associazione per aiutare chi non ha voce gli animali. Ambulanze Veterinarie ODV

Un progetto nato dal cuore, cresciuto con passione, sostenuto da un’attività onesta.

Poi, da un giorno all’altro, un decreto.

Una firma, e tutto viene spazzato via.

Negozi chiusi. Coltivazioni ferme.

Dieci famiglie lasciate senza nulla.

E noi, trattati come criminali, senza aver commesso alcun reato. Peggio dei veri spacciatori.

Nel resto del mondo si legalizza la cannabis con THC.

In Italia, si mette al bando persino il CBD.

Un prodotto naturale, innocuo, regolamentato.

È come vietare il rosmarino, l’infuso alla camomilla, o l’aria che respiriamo.

Chiediamo solo una cosa comprensione. 🙏

Alle forze dell’ordine chiediamo ascolto.

Non siamo spacciatori, non siamo criminali.

Abbiamo sempre lavorato nel rispetto della legge, con impegno e trasparenza.

E oggi, improvvisamente, ci troviamo con il timore di essere accusati di detenzione e spaccio di stupefacenti.

Una realtà che non ci appartiene.

Siamo agricoltori, imprenditori, padri e madri di famiglia.

Abbiamo costruito tutto con le nostre mani, giorno dopo giorno, senza mai nasconderci.

Abbiamo collaborato con le istituzioni, ci siamo sottoposti a controlli, abbiamo fatto le cose come andavano fatte.

Chiediamo solo di non essere confusi con chi vive nell’illegalità.

Siamo dalla parte giusta. E lo siamo sempre stati.

Alle forze dell’ordine, a chi è sul campo, chiediamo cuore.

Siamo persone, non numeri. Non delinquenti.

Abbiamo rispettato la legge. Abbiamo creato valore. Abbiamo fatto del bene.

Le bollette, gli affitti, i contributi non si fermano.

I mutui vanno avanti.

Ma il lavoro ce l’hanno tolto, con un colpo secco, senza alcun rispetto.

Abbiamo costruito tutto con le nostre mani.

E oggi raccogliamo solo silenzio.

Ma non abbiamo nulla di cui vergognarci.

Perché chi lavora onestamente… non ha mai da nascondere la verità.

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Dalle tutele per gli agenti allo stop alla cannabis light agli 007: cosa prevede il dl sicurezza

Rassegna Stampa: 04 Aprile 2025 di Gabriella Cerami – La Repubblica – Fonte: https://www.repubblica.it/politica/2025/04/04/news/decreto_sicurezza_cosa_prevede_cannabis_007_polizia-424106812/

Dalle tutele per gli agenti allo stop alla cannabis light agli 007: cosa prevede il dl sicurezza

Modifiche ai punti più divisivi e a rischio incostituzionalità, ma l’essenza della stretta securitaria rimane. Il disegno di legge sicurezza viene trasformato in decreto legge tra le polemiche dell’opposizione e arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri. Ecco cosa dice

Modifiche ai punti più divisivi e a rischio incostituzionalità, ma l’essenza della stretta securitaria rimane. Il disegno di legge sicurezza viene trasformato in decreto tra le polemiche dell’opposizione e oggi arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri.

Salta la norma che avrebbe messo in carcere anche le detenute madri con bambini più piccoli di un anno e viene modificato il divieto di vendita delle schede sim ai migranti che non esibiscono un titolo di soggiorno valido. Il titolare potrà chiedere anche altri documenti. Modifiche anche alla norma che prevede la resistenza passiva tra le condotte che integrano il nuovo reato di rivolta in carcere. E inoltre dovrebbe cambiare la norma che riguarda la possibilità dei Servizi di collaborare con le università e soprattutto di avere accesso ai documenti riservati di tutti gli uffici pubblici, procure comprese.

Tra le norme contestate dalle forze di minoranza rimane il divieto di vendita della cannabis light, l’inasprimento delle pene per i manifestanti (come i “No ponte sullo Stretto”) che protestano contro opere ritenute strategiche e il raddoppio delle tutele legali per la Polizia, come chiede la Lega.

Nel dettaglio ecco cosa prevede il decreto.

Danneggiamenti durante le manifestazioni. Pene più severe per chi provoca danni durante le manifestazioni con violenze o minacce. Carcere da 1 anno e 6 mesi a 5 anni, multa fino a 15mila euro.

Si estende il daspo urbano – Il Questore può vietare l’ accesso a zone come le stazioni a chi è stato denunciato o condannato anche solo con sentenza di primo grado, nei 5 anni precedenti. Si amplia l’ambito di applicazione dell’arresto in flagranza differita previsto per il reato di lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio, anche ai casi in cui il fatto è commesso durante le manifestazioni.

Più tutele per gli agenti – Gli agenti di pubblica sicurezza potranno portare senza licenza alcuni tipi di armi anche quando non sono in servizio. E per loro si anticipano le spese legali fino a 10mila euro, per ogni fase di giudizio, per gli atti compiuti in servizio. Potranno indossare la ‘bodycam’. Si introduce il reato di lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia nell’adempimento delle proprie funzioni.

Giro di vite contro le navi Ong – Carcere fino a 2 anni per il comandante della nave straniera che non obbedisca all’ordine di una nave da guerra nazionale nel caso in cui questa chieda di visitare o ispezionare l’imbarcazione. Carcere da 3 a 10 anni per il comandante o l’ufficiale della nave straniera per atti compiuti contro la nave da guerra nazionale.

Reato di occupazione arbitraria – Chiunque occupi o si impossessi senza titolo di un immobile altrui o ne impedisca l’accesso al legittimo proprietario, è punito con il carcere da 2 a 7 anni. Procedura d’urgenza per il rilascio dell’immobile.

L’aggravante della stazione – Scatta l’aggravante se il reato è commesso dentro o vicino stazioni e metro o sui treni. E se c’è truffa aggravata nei confronti degli anziani.

Stop alla cannabis – La Cannabis light si equipara a quella stupefacente. E si vieta commercio, lavorazione, esportazione di foglie, infiorescenze e resine anche di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla canapa.

Niente sit-in su binari e autostrade – Chi organizza sit-in di protesta lungo binari ferroviari, strade e autostrade impedendo la circolazione di mezzi o persone rischia il carcere da 6 mesi a 2 anni se il blocco è commesso con più persone. La sanzione amministrativa diventa fattispecie penale.

Nel mirino i No ponte e i No Tav – La violenza o la minaccia nei confronti del pubblico ufficiale commessa per impedire “la realizzazione di un’opera pubblica o di un’ infrastruttura strategica” diventa un’aggravante e le pene possono aumentare fino a un terzo.

Modifiche al codice antimafia – Sono soggette alla normativa sulla documentazione antimafia anche le imprese aderenti ai contratti di rete. Ma il Prefetto può non applicare i divieti di contrattare e ottenere concessioni se viene meno il sostentamento per l’interessato e la sua famiglia. Novità anche in materia di protezione di collaboratori e testimoni di giustizia per quanto riguarda la loro copertura e sui beni sequestrati alla mafia.

Revoca della cittadinanza per i reati gravi – Si estende da 3 a 10 anni, dal momento della condanna definitiva, il termine per poter revocare la cittadinanza in caso di reati gravi come il terrorismo. Ma non si può procedere alla revoca se l’interessato non possiede o non può acquisire altra cittadinanza.

Detenzione di materiale con fini terroristici – Rischia il carcere da 2 a 6 anni chiunque si procura o detiene istruzioni per compiere atti di terrorismo e divulgazione di istruzioni sulla preparazione e l’uso di sostanze esplosive o tossiche ai fini del compimento di delitti contro lo Stato. Stretta per il noleggio di autoveicoli sempre per “prevenire atti terroristici.

Più poteri agli 007 – Più poteri agli 007 che in nome della sicurezza potranno commettere vari reati senza doverne rispondere come la partecipazione e la direzione di associazioni terroristiche. Potranno anche avere accesso a banche dati e sistemi informatici di tutte le pubbliche amministrazioni. Gli si può attribuire la qualifica di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia. Potranno mantenere la copertura anche durante eventuali procedimenti penali e potranno condurre colloqui con detenuti e internati per acquisire informazioni.

Norme a favore del lavoro dei detenuti – Si agevolano le aziende pubbliche o private che impieghino detenuti anche all’esterno degli istituti penitenziari.

Canapa, il governo chiude alla modifica del ddl sicurezza: filiera al macero. Forza Italia di traverso in Ue, ma tace in Italia

Rassegna Stampa: 4 Aprile 2025 IL FATTO QUOTIDIANO di Paolo Dimalio – Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/04/canapa-industriale-ddl-sicurezza-forza-italia-europa/7936207/

Oggi la misura nel consiglio dei ministri, come decreto, per accelerare assecondando Salvini. Le associazioni delle imprese al lavoro per evitare l’inserimento della tagliola. Intanto, l’eurodeputato azzurro Flavio Tosi s’intesta la battaglia per salvare le aziende. Coldiretti: “Sia competizione alla pari”

Il governo ha emesso la sentenza, con l’articolo 18 del ddl sicurezza: la filiera della canapa, in Italia, deve morire. Oggi il provvedimento arriverà nel Consiglio dei ministri in forma di decreto, per accelerare i tempi e assecondare la Lega, in fregole per la sua “misura bandiera”. Le associazioni delle imprese legate al mondo della canapa, inclusa Coldiretti, stanno cercando di intercedere per evitare l’inserimento della tagliola sul fiore della pianta, o prevedere un’entrata in vigore differita al 2026. Il loro interlocutore è Forza Italia, mentre il ministero dell’Agricoltura – con Francesco Lollobrigida – non tocca palla. Ma le speranze sono al lumicino: per gli addetti ai lavori, in Italia la partita è persa.

Un filo di speranza arriva dall’Europa: il 17 marzo la Commissione parlamentare per l’esame delle petizioni (Peti) ha discusso il testo presentato da Mattia Cusani, presidente dell’associazione Canapa sativa Italia. Secondo il documento vietare la lavorazione, il trasporto e il commercio del fiore della canapa, sarebbe in contrasto con il diritto europeo. Non lo esclude neppure la Commissione Peti, anzi: l’assise presieduta dal polacco Bogdan Rzońca ha assunto l’impegno di indagare, raccogliendo dati dall’esecutivo di Bruxelles e invitando palazzo Berlaymont a firmare una lettera congiunta, all’indirizzo del ministero della Salute italiano. “Ricevute le informazioni richieste, continueremo l’esame del fascicolo”, ha annunciato Rzońca.

La petizione per far sopravvivere la canapa industriale – L’Europa chiede al governo spiegazioni su un punto: perché il fiore della canapa legale, con Thc sotto lo 0,5%, sarebbe “un pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica”? Del resto è legale in tutta Europa, mentre cresce il business intorno al Cbd, il principio attivo della canapa privo di effetti psicotropi. Dunque – recita la petizione – il ddl sicurezza rischia di “compromettere il mercato unico europeo, danneggiare la competitività del settore della canapa industriale e l’occupazione”. Sarebbero violati gli articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), uno dei pilastri dell’Unione. Ma la minaccia per la filiera giunge anche dal decreto ministeriale del 27 giugno 2024: il documento classifica il Cbd come sostanza stupefacente, disponibile solo su prescrizione medica, con giubilo delle case farmaceutiche. Tuttavia, il Tar ha bocciato il provvedimento per l’assenza di dati scientifici a supporto. Stessa posizione della Corte di giustizia dell’Unione europea: secondo la sentenza del 19 novembre 2020, il Cbd non è uno stupefacente e le restrizioni devono essere basate dati incontrovertibili. Anche di questo si è discusso nella Commissione Peti.

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Forza Italia dice No in Europa, resta in silenzio in Italia – La petizione firmata da Cusani è sostenuta da diverse associazioni: Confagricoltura, Cia, Copagri, Cna Agroalimentare e l’Associazione europea della canapa industriale (Eiha). A Bruxelles ha ricevuto ampio appoggio: Sinistra, Verdi, Socialisti e democratici, Renew e Popolari. Ad intestarsi l’incontro del 17 marzo sulla canapa industriale è l’eurodeputato azzurro Flavio Tosi, nel video Instagram del 20 febbraio: “Abbiamo chiesto come Ppe, non solo Forza Italia ma su nostra istanza, che questa petizione potesse essere discussa. L’alternativa era che fosse cestinata”. Invece, dopo essere stata accolta in Commissione, il testo “può diventare un voto del Parlamento Ue per dare la possibilità alle imprese di continuare a produrre”, ha ammonito Tosi. E’ merito di Forza Italia, dunque, se la filiera della canapa spera nella sopravvivenza aggrappandosi all’Europa: oltre 10mila aziende, dopo aver speso e investito, rischiano un colpo letale, mentre si delocalizza anche in Africa. Eppure, in Italia, gli azzurri restano in silenzio sull’articolo 18 del ddl sicurezza.

Mantovano e la Lega chiudono: il ddl sicurezza non si tocca – Il disegno di legge del governo doveva tornare alla Camera, dopo aver concluso il 26 marzo l’esame degli emendamenti nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato. La commissione Bilancio aveva sollevato dubbi sulle coperture, previste dal 2024 mentre la misura, sulla carta, entrerà in vigore quest’anno. Ma la Lega si è impuntata: invece di tornare a Montecitorio per la terza lettura, il ddl è diventato un decreto, da approvare oggi nel consiglio dei ministri: emendare la ghigliottina per la canapa industriale si può, ma il governo non vuole. Di sicuro non il Carroccio: cancellare la cannabis light è la crociata di Matteo Salvini. Sulla stessa linea appare il braccio destro di Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, sottosegretario a palazzo Chigi con delega all’antidroga. Il 28 marzo, al convegno “Cannabis e fertilità”, ha ricordato: “Il cosiddetto ddl Sicurezza ribadisce che le infiorescenze e le resine di cannabis non possono essere commercializzate a prescindere dal contenuto di Thc”. Chiuso ogni spiraglio: sull’articolo 18 non si tratta.

Bocciata la scialuppa per gli agricoltori – Eppure si era aperta una speranza, almeno per gli agricoltori. Al convegno di Coldiretti di Palazzo Rospigliosi, il 14 novembre scorso, il presidente Ettore Prandini aveva annunciato: “In tempi brevi potrà esserci un’interlocuzione col sottosegretario Alfredo Mantovano, la filiera della canapa è un’opportunità per i volumi d’affari”. Ad ascoltare in platea, il senatore meloniano Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura di Palazzo Madama. Il fratello d’Italia aveva raccolto il grido d’allarme degli imprenditori, offrendo la disponibilità ad aprire un tavolo tecnico per mediare con la maggioranza: l’idea era salvare gli agricoltori – con gioia di Coldiretti – e condannare i negozi di cannabis light. Poi, il nulla. Cassata la scialuppa: l’intera filiera al macero, per la maggioranza.

Coldiretti, con il responsabile Ambiente Stefano Masini, comprende le ragioni di sicurezza paventate dal governo, ma al Fatto.it ricorda: “Coltiviamo canapa in Italia dentro il mercato comune europeo, in altri Paesi si può utilizzare la pianta nella sua interezza, incluso il fiore, riteniamo che le nostre imprese debbano competere alla pari”. Non è la prima divergenza tra Coldiretti e palazzo Chigi: oltre alla canapa, ci sono i dazi trumpiani sul vino e l’accordo Mercosur. Dunque anche l’associazione degli agricoltori si muove in Europa: per le aziende, in Italia la partita è persa.

La Cassazione “smonta” il nuovo Codice della strada

Rassegna Stampa: 28/01/2025 di Mario Catania – Fonte “DOLCE VITA” : https://www.dolcevitaonline.it/cassazione-smonta-nuovo-codice-della-strada/

Secondo una recente sentenza bisogna provare l’alterazione psicofisica, mentre i test potrebbero generare falsi positivi

Una recente sentenza della Cassazione “smonta” le parti più importanti del nuovo Codice della Strada per quel che riguarda l’alterazione psicofisica e i test antidroga previsti dalla nuova legge entrata vigore il 14 dicembre 2024.

COSA DICE IL NUOVO CODICE DELLA STRADA

Il nuovo Codice della strada, entrato in vigore lo scorso 14 dicembre, prevede che non si debba più provare l’alterazione psicofisica del guidatore, ma basti un test antidroga positivo. La nuova legge, dunque, innanzitutto non tiene conto delle centinaia di migliaia di pazienti che, per trattare la propria patologia, assumono farmaci stupefacenti, e inoltre porterebbe al ritiro della patente e alla multa fino a 6mila euro anche a persone che, perfettamente capaci di intendere e volere al momento del fermo, hanno tracce di stupefacenti nei propri liquidi biologici.

In questi giorni è arrivata una sentenza della Corte di Cassazione che fa riferimento alla legge precedente, ribaltando però due aspetti fondamentali della nuova legge.

COSA DICE LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

La sentenza n. 2020/2025 ha innanzitutto stabilito che «gli esami ematici hanno un’affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze che, al momento dell’accertamento, per il fatto di essere in circolazione nel sangue, sono suscettibili di provocare lo stato di alterazione richiesto dalla norma incriminatrice, come pure più volte evidenziato da questa Corte (per l’affermazione secondo cui l’esame ematico, a differenza di quello delle urine, ha una valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti di alterazione dati dal principio attivo assunto)».

Non solo, perché la sentenza mette nero su bianco che per valutare l’effettiva alterazione psicofisica di un conducente, è necessario un controllo globale del suo comportamento. Gli agenti delle forze dell’ordine devono considerare anche fattori come la coordinazione dei movimenti, l’eloquio e lo stato emotivo della persona (ad esempio, se è visibilmente agitata o euforica), per accertarsi che la persona non stia guidando sotto l’effetto di sostanze che ne compromettono la capacità di controllo del veicolo.

L’ALTERAZIONE PSICOFISICA

Ma anche sulla questione dell’alterazione la sentenza mette dei punti fermi che è impossibile non ignorare. Innanzitutto i giudici scrivono che: «A rilevare non è la condotta di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psicofisica determinato da tale assunzione“. Secondo la Cassazione, infatti, «ne deriva che la mera alterazione, tale da incidere sull’attenzione e sulla velocità di reazione dell’assuntore, di per sé non è rilevante, se non se ne dimostra l’origine».

COSA DICE LA SENTENZA PRECEDENTE

Sul tema dell’alterazione psicofisica nel 2019 si è già espressa la Corte di Cassazione con una sentenza che non lascia spazio ad interpretazioni. Secondo la sentenza, infatti, «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187, comma 1, c.d.s., (quello della guida in stato di alterazione a causa di stupefacenti, nda) non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida subito dopo aver assunto sostanze stupefacenti, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psicofisica causato da tale assunzione».

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 12409/19, mettendo nero su bianco che non basta la positività, ma che debba essere dimostrata l’effettiva alterazione alla guida.