Cannabis. Il futuro sarà verde canapa?

Rassegna Stampa 21 AGOSTO 2020 – Sara Cariglia – Fonte:

https://www.repubblica.it/green-and-blue/2020/08/21/news/cannabis_il_futuro_sara_verde_canapa_-267525109/

È un cult delle erbe. Fior di cultori la considerano il maiale vegetale per antonomasia, perché non c’è pianta più adatta della marijuana ad essere utilizzata e riutilizzata in ogni sua parte

È un cult delle erbe. Fior di cultori la considerano il maiale vegetale per antonomasia e non perché licenziosa, slanciata o baciata dal sole, ma perché non c’è pianta più adatta della marijuana ad essere utilizzata e riutilizzata in ogni sua parte: «Oltre a non produrre rifiuti è una risorsa rinnovabile inesauribile. È un seme che spunta dalla terra e punta il cielo, urlando a tutti nel silenzio complice della natura, che il futuro può essere finalmente verde canapa». Ad affermarlo non è Pablo Escobar, ma Mario Catania, una delle figure più autorevoli in Italia sull’argomento. Le pagine del suo libro profumano ancora d’inchiostro. Cannabis. Il futuro verde canapa (edizioni Diarkos), sta appassionando, infatti, orde di rotocalchi; ragion per cui l’esperto cannabico desidera lanciare un ”dispaccio« dai toni utilmente distensivi: «Non voglio che passi il messaggio che la canapa sia la panacea di tutti i mali o che ”ammazzarsi« di canne faccia bene, però mi sono reso conto che è una delle migliori armi che abbiamo per combattere l’inquinamento, come pure un’ottima base di partenza per ripensare gli effetti dell’uomo sul clima. È l’esemplificazione della green economy, poiché si inserisce perfettamente nei meccanismi dell’economia circolare».

In tempi difficili come i nostri, la cosiddetta erba, pare faccia persino scuola di resilienza, dice piccato Catania: «Lei, che si è adattata a crescere ad ogni latitudine con poca acqua e poche attenzioni, tacciata durante il regime come ”nemica della razza« e ”droga dei negri«, ha superato illesa ottanta anni di becero proibizionismo e una rivoluzione industriale che ha provato a rimpiazzarla con i derivati del petrolio, con il cemento, con i farmaci di sintesi e le merendine ipocaloriche, con la conclusione che è ritornata più risoluta di prima».

La pianta delle meraviglie, mescolata ad acqua e calce, pare stia partorendo modelli alternativi all’edilizia tradizionale: «Parliamo di case biodegradabili ad alta efficienza energetica, molto spesso a bolletta zero, inattaccabili da batteri, muffe e roditori, quindi in grado di vivere per millenni. Una testimonial d’eccezione è Casa di Luce, il complesso abitativo di canapa più grande d’Europa. È stato costruito tre anni fa a Bisceglie con bio-mattoni prodotti dall’azienda italiana Equilibrium, un’impresa che sta lavorando in Svezia all’ashram di un santone indiano».

Ad ogni modo, stando a quanto dice il giornalista green, tutta la filiera di produzione di canapa e calce per bioedilizia è sacra: «Essendo carbon negative è l’unica a togliere dall’ambiente più CO2 di quanta ne immetta. Mentre l’edilizia tradizionale uccide a livello globale il 30/40 per cento delle emissioni di anidride carbonica, un metro quadro di tale muratura cattura dall’aria dai 20 ai 60 kg di biossido di carbonio. Non male se si pensa che negli ultimi tempi i livelli atmosferici di CO2 sono i più alti degli ultimi 800mila anni» prosegue il ”guru« della ganja.

Tuttavia, a ragionare sui problemi dovuti all’emissione di CO2, è pure l’industria dell’auto, «la più inquinante e redditizia del pianeta». La pianta dai mille usi sta infatti facendosi strada anche in questo settore, informa Catania: «Di recente Porsche ha creato la prima macchina da corsa con componenti in canapa e lino; ciò nonostante il vero apripista fu Henry Ford, quando nel 1942 presentò al mondo la sua Hemp Body Car realizzata in soia e canapa, alimentata a etanolo, ottenuto dalla marijuana, che di lì a poco sarebbe stata messa fuorilegge».

Lo specialista pro-cannabis enumera ora i moltissimi altri impieghi della morigerata ”pianta dei miracoli«: «Se solo imparassimo a coltivarla andremmo ad attivare un processo di fitobonifica che permetterebbe di estrarre dal terreno componenti inquinanti come i metalli pesanti; potrebbe persino sostituire carbone e petrolio, nonché rimpiazzare con la bio-plastica di canapa gli otto milioni di tonnellate di plastiche tradizionali che ogni anno finiscono nei mari e che ci mettono 450 anni a degradarsi».

Insomma, in questa conversione laica nel segno della sostenibilità ambientale, la pianta di ”Maria« pare sia tornata per restare. Anche in campo tessile: «Il cotone è tra le principali cause d’inquinamento ambientale in termini di rilascio di pesticidi e insetticidi, per non parlare dell’enorme consumo di acqua che la sua lavorazione comporta: per produrre un paio di jeans servono 20 mila litri d’acqua. È vero, oggi la canapa la importiamo dall’estero, ma se non ci saranno intoppi, sarà di nuovo disponibile anche in Italia dopo una pausa durata quasi settant’anni. Pensare che in Europa potremmo averne delle praterie. Se venisse legalizzata, entro il 2028, il suo mercato si aggirerebbe attorno ai 120miliardi di euro» conclude Catania. «Quindi lunga vita alla cannabis. Senza di lei e la sua fibra straordinariamente resistente, Cristoforo Colombo, le Americhe, probabilmente non le avrebbe mai scoperte!».