Canapa italiana: condannati dalla politica, ma assolti dai tribunali
Rassegna Stampa: Mario Catania del 02/07/2025 – Dolce Vita Fonte: https://www.dolcevitaonline.it/canapa-condanna-politica-assolti-tribunali/?fbclid=IwY2xjawLSNN1leHRuA2FlbQIxMQBicmlkETA5QVZ6SjhCMmZKSXVRdElkAR4Vu-70sCZXj02gnHVBqoaEZF5eTRjJVPdlVvTfnOOXqKQ1PLQ-Ud4tEJ-Sww_aem_ylVvbn_L0GFzqmN6YJw5gA
Il governo si ostina a considerare come droga quello che resta un prodotto agricolo, ma le sentenze e la Corte di Cassazione danno ragioni ad agricoltori e commercianti, mentre un intero settore agro-industriale viene abbandonato a se stesso per una guerra ideologica

Nel Paese in cui ogni giorno si predica la legalità, lo Stato sceglie scientemente di ignorare la realtà.
Con l’ultimo decreto sicurezza, il governo ha deciso che i fiori di canapa industriale, coltivati secondo regolamenti europei e con THC sotto le norme di legge, sono da trattare come sostanze stupefacenti. Poco importa che non abbiano effetto drogante. Poco importa che la legge 242/2016 ne consenta la coltivazione e che negli anni si sia creato un settore che dà lavoro a 22mila persone e paga tasse per 500 milioni di euro l’anno. E soprattutto, poco importa che i tribunali continuino ad assolvere chi li vende, perché “il fatto non sussiste”.
Succede così che mentre la politica lancia crociate ideologiche sulla pelle di un intero comparto agricolo e commerciale, la giurisprudenza continua a dire l’opposto: la canapa sotto lo 0,5% di THC non è una droga, punto.
CANAPA: DAL PARERE DELLA CASSAZIONE ALLE SENTENZE DEI TRIBUNALI
L’ultimo esempio – lampante per la lucidità e schiacciante per la fonte da cui proviene – sono i rilievi della Corte di Cassazione nella relazione pubblicata pochi giorni fa: non solo il decreto sicurezza viene smontato punto per punto segnalando le forzature giuridiche e i possibili rilievi di incostituzionalità, ma l’emendamento canapa viene sbugiardato con i magistrati della più alta Corte italiana che mettono nero su bianco che il fiore di canapa industriale sotto lo 0,6%, come previsto dalla legge 242 del 2016, non ha efficacia drogante, che il governo ha tradito la fiducia e il patto con cittadini e commercianti, e che è una legge in contrasto con il diritto europeo. Più in là, non ci si poteva spingere.
E anche le sentenze dei tribunali, nella stragrande maggioranza dei casi, assolvono gli imprenditori e gli agricoltori. L’ultimo a uscirne pulito è stato Luca Marola, fondatore di Easyjoint e bersaglio storico della procura di Parma che gli aveva sequestrato 650 kg di infiorescenze e 20 litri di olio al CBD: assoluzione piena, il fatto non sussiste. Ancora una volta, nessun reato. Solo tempo, denaro e risorse pubbliche buttate in processi inutili.
Altro esempio? Poco dopo, ai primi di giugno, con il decreto sicurezza già in vigore, un imprenditore di settore è stato assolto dall’accusa di detenzione a fini di spaccio di 700 kg di infiorescenze di canapa industriale con THC tra lo 0,3% e lo 0,6%. È successo a Cagliari: dopo la condanna in primo grado dell’anni scorso, è arrivata l’assoluzione della Corte d’appello, come spiegato dall’avvocato Lorenzo Simonetti, che ha difeso l’imprenditore insieme al collega Claudio Miglio. Non solo, perché è stata disposta anche la restituzione della merce.
Il risultato? Un clima di intimidazione e, nel mezzo, migliaia di operatori del settore che rischiano denunce, sequestri e incertezze continue. Per capire intanto come si stanno organizzando produttori e negozianti, ne abbiamo sentiti alcuni, ecco le nostre chiacchierate.
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Tommaso, Antichi Grani e Narnia cannabis
«Non ci facciamo spaventare, restiamo aperti e continuiamo con il commercio, anche perché abbiamo dei contratti d’ingrosso all’estero, oltre a 8 dipendenti che non voglio lasciare a casa. Stiamo coltivando, più dell’anno scorso e più degli altri anni. Dall’altro lato stiamo cercando di portare la cosa sotto la lente delle istituzioni umbre, abbiamo già fatto un incontro a maggio e a breve incontreremo l’assessore all’ambiente per perorare la nostra causa. Qui in Umbria siamo compatti, ci conosciamo un po’ tutti e stiamo mantenendo questa linea. Secondo me, più che parlare di disobbedienza civile, dobbiamo ribadire il nostro diritto alla libera impresa dato che non ci è stato nessun chiarimento, nemmeno come smaltire eventuali rimanenze, quindi portiamo avanti il nostro lavoro».
Marco, Sir Canapa
«La situazione, con il decreto sicurezza, è surreale. Stanno provando a mettere in ginocchio il settore e mentre molte attività chiudere e le tabaccherie non vendono più le infiorescenze, il risultato è che molte persone tornano in strada a cercare cannabis illegale, alimentando mercato nero e mafie. Noi di Sir Canapa siamo a Milano e rimaniamo aperti, nonostante tutto. Il punto, secondo me, è che questo decreto non è pericoloso solo per le attività di settore, ma è pericoloso dal punto di vista sociale».
Riccardo, CBWeed
«Noi andiamo avanti, anche se il momento è complicato. A metà giugno, per scelta dei titolari, 3 negozi CBWeed hanno chiuso. Tre negozi sani che stavano bene, che guadagnavano ed erano aperti da 5 anni. Tre famiglie, con le quali, nel tempo, eravamo diventati amici. Un negozio al sud, uno al centro e uno al nord, persone diverse, accomunata solamente dal fatto che lavoravano nel settore. Grazie al parere espresso successivamente dalla Cassazione, che conferma esattamente la nostra visione e ciò che sosteniamo da tempo, ci aspettiamo che i negozi possano lavorare tranquillamente».
Andrea, Bongae
«Noi stiamo continuando a operare qui in Sicilia, in modo molto trasparente, con tutte le cautele del caso e supportati dal nostro avvocato. Io mi sento nella legalità è lo Stato che ha scelto di essere illegale, e ora ne pagherà le conseguenze, anche se dovessi andare davanti a un giudice a raccontare la mia storia. Sono sereno e felice perché ho tanta speranza che mi stanno le persone comuni, i ragazzi con cui lavoro sono più determinati di me. La pianta va difesa e soprattutto cerchiamo di essere d’esempio. Ci stiamo impegnando anche su una causa ambientale, perché crediamo che la canapa sia in gran parte sostenibilità. Per comunicarlo organizziamo dei clean-up in zona Catania, dove puliamo spiagge, giardini pubblici, e parliamo di canapa. Stiamo poi portando avanti le nostre coltivazioni sperimentali, dando possibilità a chi lo voglia di adottarne una».
Marco, Canapalpino
«Colgo l’occasione per specificare una cosa: non abbiano chiuso il negozio di Longarone, come scritto in un’intervista recente de L’Internazionale in cui le mie parole sono state travisate: semplicemente l’attività è stata ceduta al ragazzo che ci lavorava. Noi andiamo avanti con i nostri due punti vendita, proponendo l’olio di CBD a uso cosmetico, ma non le infiorescenze. Avendo da tempo un buon assortimento di prodotti cosmetici, alimentari e di abbigliamento, e una clientela variegata, per il momento non ci possiamo lamentare. Certo, l’assurdità della legge resta, ma la ragione è dalla nostra parte».
Giovanni, Legal Weed e Birba Shop
«Noi stiamo andando avanti con una capacità molto ridotta, ma non ci arrendiamo. Nonostante il diritto europeo e la magistratura siano dalla nostra parte, la situazione resta difficile, visto che ad oggi il testo in Gazzetta ufficiale resta quello del decreto sicurezza. C’è comunque un grande rammarico nel vedere un mercato che, in quasi dieci anni, non è riuscito a far valere le proprie ragioni e avere delle norme valide e certe».
Il comunicato del NIC
«La cosa principale da chiarire è che il nostro, non è un atto di disobbedienza, ma è una scelta che ci vede solo ed esclusivamente aderire ai nostri diritti: come il diritto costituzionale del “legittimo affidamento”, all’interpretazione del diritto penale alla luce del principio di offensività e dell’applicazione e all’interpretazione corretta della normativa europea sulla canapa. Con la consapevolezza di possibili controlli, sequestri e denunce, siamo decisi mai come prima a non arretrare di un centimetro. Se lo Stato vorrà compiere l’ennesimo abuso di potere nei confronti di onesti imprenditori, li attenderemo sulla porta dei nostri negozi, vincendo l’ennesimo processo, accompagnati da avvocati specializzati, associazioni di settore e coperture assicurative, continuando a lavorare come abbiamo sempre fatto».